I consumi in Italia rappresentano circa il 60% del Prodotto Interno Lordo.
Con una situazione nel primo semestre che ha visto il nostro PIL diminuire di circa l'11% rispetto al 2019 - il Centro Studi di Confcommercio stima un crollo di circa 116 miliardi di euro - è necessario intervenire sul reddito delle famiglie, primo volano per una ripresa del mercato, ribaltando però la visione emergenziale fin qui perseguita.
Se fino adesso infatti ci si è concentrati su misure assistenziali (Reddito di Cittadinanza e Cassa Integrazione) bisogna ora affrontare un discorso complessivo, che leghi il rilancio del mercato del lavoro (equazione semplicissima: più lavoro = più gettito e più consumi) al potenziamento di infrastrutture, mobilità, digitalizzazione ed energie rinnovabili. Tutto questo senza dimenticare l'intervento sulle tassazioni (vero cappio al collo per chi fa impresa o chi vuole investire in Italia) e rilancio dell'export.
Sarebbe utile pertanto il ricorso a politiche espansive, che possano rilanciare la domanda aggregata e la produzione; ottimale sarebbe l'erogazione di una serie di agevolazioni fiscali e di finanziamenti statali garantiti (e a tassi ultra competitivi) legati alla realizzazione di processi di riammodernamento delle nostre PMI.
Per adesso si è deciso di puntare su meccanismi di incentivazione al consumo, con modalità però non del tutto riuscite.
Incentivi insufficienti = venditori in difficoltà.
L' automotive è stato uno tra i comparti maggiormente esposti alla crisi dei consumi.
Con il Decreto Rilancio lo Stato ha cercato di metterci la proverbiale "pezza", allocando però risorse di entità modeste e modulando gli interventi in maniera sbilanciata sull'acquisto di auto green o ibride, ancora però troppo costose e legate ad un infrastruttura di ricarica capillarmente scarsa.
Il risultato? Secondo Federauto l'Ecobonus ha creato più danni che benefici, in quanto il Governo ha deciso di concentrare gli sforzi su una nicchia di mercato (le auto elettriche al momento rappresentano solo il 2% del mercato) perdendo di vista la necessità primaria, ovvero quella di andare a rinnovare uno tra i parchi auto circolanti più vecchio dell'intero continente.
Come prevedibile conseguenza, gli unici fondi che sono subito terminati sono stati quelli relativi all'acquisto di auto termiche (91-110 gr/km), nonostante il Decreto di agosto ne abbia aumentato la portata.
Il settore auto in Italia è a rischio - si parla di un indotto di più di 150.000 lavoratori - con venditori e concessionari che si sono trovati bloccate numerose vendite già formalmente chiuse per l'impossibilità di attingere a nuovi incentivi su questa fascia di emissioni.
Sulla carta va meglio al settore energetico, beneficiario dell'ambizioso Superbonus 110% ideato per efficientare gli edifici nelle prestazioni termiche e nei consumi energetici.
Purtroppo anche qui non è tutto oro quello che luccica.
La comunicazione intempestiva del Governo, che ha presentato il Decreto prima di pubblicarlo sulla Gazzetta Ufficiale, ha rallentato - se non proprio bloccato - le vendite previste negli ultimi mesi.
Inoltre i documenti necessari per poter usufruire della cessione del crediti, come visti di conformità catastali/urbanistiche, comunicazioni e/o asseverazioni, rappresentano un ostacolo burocratico per molti insuperabile per aver accesso alle agevolazioni fiscali.
Gli adempimenti per poter accedere al superbonus - tra interventi trainanti e trainati, aumento di classi energetiche e lavori di ristrutturazione o di rifacimento edile - sono numerosi e piuttosto impegnativi; inoltre si sta evidenziando la difficoltà di allineare il sistema bancario all'acquisto del credito, con il rischio di lasciare le imprese in una situazione di forte instabilità, in quanto dovranno anticipare di tasca propria le spese degli interventi di riqualificazione.
L'intero sistema dell'offerta è in pericolo, lo scenario peggiore è un ulteriore blocco di molti mesi del mercato.
Tocca coraggio e una visione complessiva proiettata sul lungo periodo, altrimenti come al solito sarà una rivoluzione fatta a metà.
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