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Come sono andate le vendite nel 2022? L'industria italiana è più forte di come la rappresentano.




Quinto è ultimo appuntamento di questa analisi di mercato di fine anno.

Se vi siete persi le precedenti puntate, nessun problema: potrete visionarle ai seguenti link:



Chiudiamo la nostra indagine parlando del settore produttivo industriale, da sempre la locomotiva della nostra economia.


L'economia italiana è più forte di come la rappresentano (rappresentiamo).


Le previsioni di chiusura di anno per l’industria manifatturiera italiana sono positive, nonostante l'aumento di prezzi, la scarsità di materie prime e le turbolenze del gas; potrà infatti chiudere il 2022 con un fatturato a prezzi costanti in crescita tendenziale del 2,1%, un tasso rivisto al rialzo rispetto alle stime di maggio e decisamente robusto dopo il rimbalzo prossimo al 16% dello scorso anno.


Tra le maggiori economie dell’Area euro, l’entità del recupero del nostro Paese è seconda solo a quella francese e più forte di quelle di Spagna e Germania. Alla fine dell’anno il Pil è quasi tornato al livello dell’ultimo trimestre del 2019, grazie al contributo di consumi e investimenti.

Nel corso del 2021 la performance delle esportazioni italiane in valore è stata migliore sia di quella dell’Area euro (18,2% contro il 17,1%), sia di quelle di Germania e Francia (rispettivamente +14,1% e +15,9%). Ne è derivata una tenuta delle quote di mercato in valore dell’Italia nei dieci principali mercati di destinazione dell’export (che assorbono oltre il 60% del valore complessivo delle vendite italiane all’estero), con lievi aumenti in Germania, Spagna, Paesi Bassi e Cina.

In termini di valore, la performance dell’export italiano è stata migliore di quella dell’Area euro nei mercati extra-Ue (+16% e +12,6% rispettivamente), di entità simile nel mercato Ue (+20% circa). Se misurate in volume, invece, emerge un’ottima performance delle vendite sui mercati Ue, con un recupero dei livelli pre-crisi per alcune importanti tipologie di prodotti, in particolare le forniture industriali e i beni strumentali.


Fonte: Rapporto sulla competitività dei settori produttivi - Istat (Edizione 2022)



Il settore produttivo ostaggio del gas (e dell'inflazione).


La situazione è lampante: lo scenario internazionale è segnato dal balzo dei prezzi energetici, con diversa intensità nelle varie aree.

Quasi ovunque nel mondo l’inflazione è in aumento e riduce il potere d’acquisto delle famiglie, frenando i consumi.

Il diffuso rialzo dei tassi di interesse, per combattere l’inflazione, rallenta gli investimenti. Tale effetto negativo sulla domanda, rallenta l’attività produttiva. In tale scenario la dinamica del commercio mondiale di beni ha sorpreso al rialzo nei primi 7 mesi del 2022, ma nella restante parte dell’anno è attesa piatta.


Nell’Eurozona la guerra e le sue conseguenze economiche hanno abbassato sensibilmente le prospettive di crescita, nonostante l’andamento sia rimasto positivo nella prima parte del 2022, portando il PIL nell’Area al di sopra del livello pre-Covid. I dati congiunturali per il 3° trimestre mostrano segnali di graduale indebolimento, che si materializzeranno in una flessione del PIL dal 4°: l’aumento del costo dell’energia, l’inflazione record e il rialzo dei tassi eserciteranno un impatto negativo sui consumi e sull’attività produttiva, che indebolisce la dinamica economica portandola al +0,3% nel 2023.


Fonte: Confindustria


Ottimi i risultati dalle vendite di macchine utensili e automazione industriale.


Il valore della produzione italiana di macchine utensili, automazione e robotica continua a crescere nonostante le incertezze che dominano la scena economica e geopolitica internazionale, grazie soprattutto al traino del mercato interno.

Secondo i dati resi noti dal centro studi di Ucimu – Sistemi per Produrre il valore della produzione realizzata dai costruttori italiani di macchine utensili, automazione e robotica ammonta infatti a 7,25 miliardi di euro (+14,6%) di cui 3,27 realizzati per vendite all’estero (+2,5%) e quasi 4 (3,98 miliardi, +27%) per macchinari destinati in Italia.

Il rapporto tra export e valore della produzione è pari al 45%, un dato relativamente basso considerando la vocazione all’export del settore e che va letto piuttosto come un indice dello stato di salute del mercato interno, sostenuto anche per il 2022 dagli incentivi previsti dal Piano Transizione 4.0.

Il consumo nazionale di macchinari infatti ammonta a 6,57 miliardi, in crescita del 31,3% dai 5 miliardi registrati nel 2021 grazie sia alle vendite dei costruttori sul mercato nazionale sia all’aumento delle importazioni (+38,5% a quota 2,59 miliardi).


I fattori chiave che guidano questa crescita sono il crescente numero di iniziative governative per promuovere l’automazione industriale e la crescente integrazione di tecnologie come IoT e AI con varie soluzioni di controllo industriale e automazione di fabbrica. L’uso crescente dell’automazione nelle industrie di processo sta contribuendo ad accrescere sul mercato l’importanza dell’automazione e delle tecnologie di controllo industriali.



Fiducia in calo delle imprese per il 2023.


Secondo i rilevamenti di Confindustria, fino al 3° trimestre l’economia italiana ha resistito al caro-energia oltre le aspettative: in aggregato, il PIL è cresciuto (+3,9% “acquisito” per il 2022, +0,5% in estate). Il turismo in espansione è stato il principale driver.

La produzione industriale ha mostrato un calo marcato a settembre (-1,8%), ma nella media del 3° trimestre è scesa poco (-0,4%).

La manifattura ha tenuto bene (-0,1%): tale dato, letto insieme alle scorte in rapido aumento nel settore da aprile, suggerisce che alcune imprese hanno anticipato produzione, prima dell’aumento dei prezzi energetici effettivamente pagati (alla scadenza dei contratti pre-crisi). Questo potrebbe preludere a una caduta marcata nei prossimi mesi. E gli indicatori qualitativi sono peggiorati, tracciando la rotta per un più pesante segno meno nel 4° trimestre: il PMI in ottobre è sceso ancor più in area negativa (46,5); i giudizi sugli ordini proseguono la flessione (-9,6 a novembre); la fiducia delle imprese manifatturiere resta compressa.

Il rallentamento dell’attività negli ultimi mesi dell’anno è destinato a proseguire nella prima parte del 2023, e spingerà il fatturato manifatturiero italiano verso una contrazione prossima all’1% (nella media del 2023) a prezzi costanti e un ridimensionamento della crescita a prezzi correnti (+4,2%).

Lo shock inflattivo in atto e il contesto di forte incertezza a livello mondiale impatteranno sulla capacità di spesa di famiglie e imprese con effetti negativi su consumi e investimenti, solo in parte controbilanciati dal sostegno del PNRR.


Le previsioni per il 2023: chi sale


Pochi settori manterranno un’intonazione positiva nel 2023, a iniziare dalla Farmaceutica e dai settori più attivati dalla transizione digitale ed energetica, Elettronica ed Elettrotecnica.

Inferiore alla media manifatturiera il calo dell’Alimentare e bevande, sostenuto da una componente di spese incomprimibili e gli Autoveicoli e moto, dopo la mancata ripartenza del mercato interno nel 2022.


Le previsioni per il 2023: chi scende


I cali più consistenti nel 2023 riguarderanno i produttori di durevoli per la casa, Mobili ed Elettrodomestici (dopo l’exploit degli anni pandemici) e i produttori di intermedi, soprattutto Metallurgia e Intermedi chimici, penalizzati dalla prudenza nella ricostituzione delle scorte dei settori a valle, a iniziare dalla Meccanica, che sconterà gli effetti del rallentamento del ciclo degli investimenti sui mercati interno e internazionale.

Tra i settori più in difficoltà anche il Sistema Moda che potrà però contare sulla specializzazione del Made in Italy nell’alta gamma, segmento meno colpito dalle difficoltà di reddito.

Restano nel complesso favorevoli le prospettive per i settori intermedi attivati dal ciclo delle costruzioni che, sebbene in rallentamento, continuerà a restare trainante.




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